Il SIGNORE ti benedica e ti protegga!
Il SIGNORE faccia risplendere il suo volto su di te e ti sia propizio!
Il SIGNORE rivolga verso di te il suo volto e ti dia la pace! (Numeri 6:24-26)

Chiesa Evangelica Valdese

UNIONE DELLE CHIESE METODISTE E VALDESI

Rimini, Romagna e Pesaro-Urbino

Testimonianza al culto domenicale del 17 maggio 2015 di Mauro Ortelli, a nome del gruppo Narciso e Boccadoro

"Sentivamo parlare un tempo del “peccato di omosessualità”. A dire il vero, molti ne parlano anche oggi. Però almeno nelle nostre chiese, almeno ufficialmente dal 2007, valdesi, metodisti e molte chiese battiste hanno riconosciuto che non l'omosessualità, ma l'omofobia è il peccato che si deve confessare. Per molti e molte omosessuali questa è stata quasi una “battaglia vinta”.
L'altra “battaglia vinta”, cioè la decisione del Sinodo del 2010 sulla benedizione delle unioni omosessuali, ha messo praticamente fine al lungo percorso della REFO – Rete Evangelica Fede e
Omosessualità. Si è lasciata perciò a poco a poco cadere l'attenzione e le energie che l'Assemblea-Sinodo del 2007 esprimeva con le seguenti parole: «invita tutte le credenti e tutti i credenti a sostenere quelle iniziative tese a costruire una cultura del rispetto, dell'ascolto e del dialogo».
Parole che ci rimandano ad una prospettiva assai più larga!
È giusto, insomma, che le comunità cristiane confessino il peccato di omofobia, e noi oggi possiamo avere questo “privilegio”. Ma esiste anche un rischio, legato a questa confessione di peccato. A nessuno di noi piace essere pungolati da un'accusa, anche e soprattutto quando ci percepiamo lontani da tale accusa, e di fare già parte della schiera degli “illuminati”.
Quindi, così come avviene per il razzismo, dover confessare l'omofobia come peccato è un'azione assai faticosa, e non fa altro che appesantirci il cuore. Credo che questo non ci aiuti molto. Continuiamo a lasciare spazio e dare forza alla negatività, invece che alla positività di una vita cristiana.
Dice infatti l'Apostolo nell'epistola ai Romani (7:11):
«il peccato, còlta l'occasione per mezzo del comandamento, mi trasse in inganno e, per mezzo di esso, mi uccise». Cosa buona fare memoria delle vittime dell'omofobia e della transfobia, come di qualsiasi altra vittima di esclusione e di azzeramento della solidarietà umana, tuttavia è per noi più importante fare memoria dei frutti dello Spirito e dell'amore di Dio. Memoria innanzitutto di coloro che si sono
messi a costruire una cultura del rispetto, dell'ascolto e del dialogo. È il caso, ad esempio, della pastora Caterina Dupré, morta lo scorso 6 aprile, direttora del Centro Ecumenico Agape. Ma anche memoria degli uomini e delle donne omosessuali (e qui non farò nomi) che hanno saputo andare oltre le offese e i tormenti attraversati nella loro vita fin da giovani, a causa del clima omofobo della società e delle persone circostanti, hanno abbandonato la prospettiva del risentimento, del rancore e dell'amarezza, e si sono immersi nella luce dell'amore e dell'accoglienza agli altri. Questo è per me un vero “frutto di conversione”. Si potrebbe dire, parafrasando le parole dell'evangelo secondo Luca (15:7):
«Ci sarà più gioia in cielo per un solo omosessuale che si ravvede che per novantanove giusti che non hanno bisogno di ravvedimento».
E spero che anche noi raccogliamo questo invito del cielo ad avere gioia"


http://neb.altervista.org/gruppo_gay_lesbiche_romagna.php


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