Il SIGNORE ti benedica e ti protegga!
Il SIGNORE faccia risplendere il suo volto su di te e ti sia propizio!
Il SIGNORE rivolga verso di te il suo volto e ti dia la pace! (Numeri 6:24-26)

Chiesa Evangelica Valdese

UNIONE DELLE CHIESE METODISTE E VALDESI

Rimini, Romagna e Pesaro-Urbino

Matteo 11:25-30: Predicazione del 21 giugno 2020 - Adelfia Sessa

Matteo 11:25-30

 25 In quel tempo Gesù prese a dire: «Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli.
 26 Sì, Padre, perché così ti è piaciuto.
 27 Ogni cosa mi è stata data in mano dal Padre mio; e nessuno conosce il Figlio, se non il Padre; e nessuno conosce il Padre, se non il Figlio, e colui al quale il Figlio voglia rivelarlo.
 28 Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo.
 29 Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre;
 30 poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero».

 

Care sorelle e cari fratelli,

Gesù andava per le città e i villaggi, predicando, insegnando, guarendo, offrendo cibo e conforto. Vedeva le folle stanche e sfinite e ne aveva compassione. Sono le folle stanche e sfinite quelle che Gesù invita ad andare da lui per trovare sollievo e riposo.

Mi piace pensare a Gesù che rivolge il suo invito in un dialogo a tu per tu, guardando negli occhi la persona con cui parla. Mi piace pensarlo proprio oggi che per la prima volta dopo tre mesi e mezzo possiamo parlarci guardandoci finalmente negli occhi.

Il testo di oggi si inserisce in un momento particolare del ministero di Gesù.

Si inserisce tra un prima e un dopo. Tra due narrazioni.

Nei versetti che precedono ci viene raccontato che Gesù ha conosciuto  il rifiuto da parte di coloro ai quali si sentiva inviato come porta-parola di Dio e si chiede come mai quella generazione che ha rifiutato Giovanni, perché asceta rigorista, rifiuta anche lui, che invece ha mostrato un volto misericordioso, accogliente e solidale verso i peccatori (vv. 16-19). Proprio le città in cui Gesù aveva fatto azioni prodigiose, come Corazin e Betsaida, le   città da lui evangelizzate, non hanno dato segni di conversione (vv. 20-24)…

Nel capitolo 12, successivo al nostro testo (vv. 1-8), troviamo il racconto di come i farisei cercano di “incastrare” Gesù accusando i suoi discepoli di raccogliere delle spighe di grano in giorno di sabato per mangiarle, perché hanno fame.

Il contesto è dunque pesante, è un’ora di prova nel ministero di Gesù, un’ora in cui sarebbero naturali lo scoramento e il senso di fallimento. Ma Matteo sottolinea che proprio “in quel tempo” , in quell’ora di “crisi”, Gesù fa sgorgare dal suo cuore un inno di lode gioiosa  a Dio: “Riconosco, o Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai saggi e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì,  Padre, perché così ti è sembrato bene”. Non un lamento si alza da Gesù verso Dio, ma una confessione che è lode e benedizione. Gesù si rivolge a Dio con una confidenza unica: lo chiama “Padre”,  (in 6 vv la parola  padre ricorre 5 volte) perché in questo nome sono racchiusi per Gesù la tenerezza, l’amore e la misericordia. Dio è Creatore e Signore del cielo e della terra, è l’Altissimo, ma Gesù, e con lui ogni credente,   lo invoca come un padre in una relazione  intima, familiare, carica di sentimenti d’amore.   

Così Gesù lo invoca e confessa la sua fede in lui: “Padre, proclamo la tua lode, riconosco la tua volontà e il tuo operare: ciò che hai nascosto a quanti erano convinti di meritarlo, lo hai rivelato ai piccoli che non vantavano alcun merito”.

Per questo proprio in quell’ora Gesù si rivolge alle donne e agli uomini che lo ascoltano con un invito: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete il mio giogo* sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, ‘e troverete riposo per la vostra vita’. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”. Gesù chiama a sé quelli che cercano Dio, che desiderano vedere il suo volto, che vogliono avere comunione con lui, ma sono gravati da precetti umani, intransigenze religiose, rigidità morali, insegnamenti che li legano e li opprimono.

Qual è infatti il giogo a cui si riferisce Gesù? Per gli ebrei prendere il giogo significava osservare scrupolosamente la Legge e quindi compiere la volontà di Dio: invitando i discepoli a prendere su di sé il suo giogo, cioè a seguire lui, Gesù rovescia l’impostazione tradizionale degli scribi e dei farisei. Come ci riporta Luca: “Guai anche a voi maestri della Legge, perché caricate le persone di pesi insopportabili, e voi stessi non tocchereste questi pesi neanche con un dito”. Ecco cosa pensa Gesù di quel giogo!

Ma allora si può essere discepoli di Cristo senza rispettare la Legge di Dio? Gesù non nega l’importanza della Legge. E neanche Paolo (che tratterà lo stesso argomento) lo fa. La Legge è stata data a Mosè perché fosse di insegnamento al popolo, perché aiutasse uomini e donne a vivere insieme da persone libere nel rispetto le une delle altre. Questa Legge però si è trasformata nel tempo in una casistica senza fine che ha imprigionato gli uomini e le donne in una rete che quasi impedisce la vita perché crea solo angoscia e toglie ogni speranza di salvezza. Ecco allora che la Legge è diventata un giogo umanamente insopportabile!

 Gesù chiama a sé gli uomini e le donne gravati e gravate da questo giogo insopportabile perché il suo “giogo” è dolce, leggero, semplice e richiede solo di essere accolto con gioia, confidando nell’amore di Dio, che ci ha amati per primo, e perciò il suo amore non va mai meritato.

*arnese di legno massiccio e piuttosto pesante che si pone sul collo dei buoi, spec. di una coppia, per attaccarli al carro o all’aratro(Dizionario Italiano De Mauro)

 

Andare a Gesù significa trovare comunione, consolazione, intimità con un maestro che con dolcezza e umiltà accoglie sempre e non esclude nessuno. Chi non riesce a portare i pesi delle leggi, chi riesce solo a dire: “Pietà di me, che sono un peccatore!” come il pubblicano, può andare da Gesù che lo accoglie tra le sue braccia e in lui riposare.

C’è un giogo costruito dagli esseri umani, che racchiude comandi, precetti,

osservanze, intransigenze, e c’è il giogo di Gesù, che è accoglienza dell’amore, della misericordia di Dio, dell’amore di fratelli e sorelle. Il giogo di Gesù non è

senza fatiche: ma altro è faticare in quanto obbligati da precetti, altro è faticare per amore e ricevendo amore. Solo i piccoli, però, capiscono questa rivelazione, oggi come allora.

Gesù, nella sua umiltà e mansuetudine, si presenta come colui che compie rettamente la volontà di Dio, una cosa questa che suona blasfema agli occhi delle autorità religiose di Israele, a quelli che lui chiama “sapienti e intelligenti”. Solo “i piccoli” cioè i discepoli, nella loro semplicità di cuore, nella loro disponibilità e amicizia verso Gesù la possono capire. Gesù si propone come l’uomo nuovo che ha la Legge di Dio scritta nel proprio cuore e per questo non ha bisogno di ricorrere all’osservanza letterale della legge scritta. In questo senso, come dice Paolo, Gesù è venuto a compiere la legge, a darle pieno completamento.

A questo punto possiamo immaginare lo sbigottimento degli ascoltatori di Gesù e certamente il loro sguardo stupito non sarà sfuggito a lui che era così attento alle persone. Gesù con questi discorsi veniva a rovesciare tutto un mondo di pensieri, di idee, di comportamenti che avevano pervaso la vita di quelle persone. Quello che dice è veramente sconvolgente. Incredibile. Ci sembra di sentire i loro commenti: “Troppo bello per essere vero! Ma possiamo fidarci? Non ci porterà sulla cattiva strada, lontano dalla Legge e da Dio?” E allora ecco che   Gesù li tranquillizza: “Ogni cosa mi è stata consegnata dal Padre mio”. Tranquilli, dice Gesù, è Dio che vi manda a dire queste cose tramite me. Perché io sono il Figlio di Dio e conosco il Padre e lui conosce me.

Ecco quali sono le cose  che Dio ha nascosto ai saggi e rivelato ai piccoli. Essenzialmente la rivelazione che Gesù è colui che racconta e narra Dio e, insieme, la rivelazione da parte del Padre di Gesù, il Figlio, al credente.

“Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo”. A Gesù è stato dato tutto perché è il Figlio del Padre, colui che il Padre solo conosce, fino a poter dire di lui: “Tu sei il mio amato Figlio,” ( Mt 3,17; 17,5). Ma anche Gesù solo conosce pienamente il Padre, Dio, perché da lui è venuto nel mondo, e solo Gesù può far conoscere Dio al suo discepolo, perché nessuno va al Padre se non attraverso di lui ( Gv 14,6). Ecco la rivelazione dell’identità di Gesù, del suo rapporto con Dio, della conoscenza di Dio da parte del discepolo. E’ in Gesù che conosciamo Dio! Non si può conoscere la parola di Dio, e quindi la sua volontà, se non attraverso Gesù Cristo. Dio, per avvicinarsi a noi si è fatto uomo come noi, tra di noi. Ecco con quale autorità Gesù può dire a quegli uomini e a quelle donne che lo seguono e a tutti gli uomini e donne che lo seguono: “Io sono la via, la verità e la vita, nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” ( Gv 14,6). Al di là di ogni Legge è lui il modello da seguire. Lui il mansueto, umile, che guarisce perché non sopporta la vista del dolore, che ama a tal punto da dare la propria vita per i suoi amici. La Legge, l’unica legge che ci propone è amare Dio e amarci gli uni gli altri. Il giogo che ci propone di portare è un giogo fatto d’amore per Dio vissuto attraverso l’amore per il nostro prossimo. È un carico non sempre oggettivamente leggero, ma lo diventa se portato con amore: solo prendendo su di noi questo giogo troveremo riposo al nostro vivere, cioè saremo riconciliati con Dio e con noi stessi.

Ho pensato di concludere questa meditazione con una poesia tratta dalla raccolta Quando è giorno?  della CEVAA 1994

Si intitola:

 

MIO FRATELLO

 

Lungo un sentiero ripido e pietroso

Ho incontrato una piccola bambina

Che portava sulla schiena il suo giovane fratello.

“Bambina mia-le ho detto:

-stai portando un pesante fardello!”

Lei mi ha guardato e ha detto:

“Non è un fardello, signore,

è mio fratello”.

Sono rimasto interdetto.

La parola di questa bimba coraggiosa

Si è impressa nel mio cuore.

E quando la pena degli uomini mi schiaccia

E perdo del tutto il coraggio,

la parola di questa bimba mi ricorda:

non è un fardello che tu porti,

è tuo fratello.

                                    America Latina

 

Che il Signore ci aiuti a portare ogni giorno il peso dell’amore per i nostri fratelli e le nostre sorelle. Amen

 

 

 


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